Le misteriose ombre del Primiero
I Gialli della Montagna
L'innominabile aveva costruito la sua carriera politica contrastando sempre e apertamente le infiltrazioni nell'edilizia di mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita e delle bande sparse. Una studiata fissazione che lo portava a dire che esisteva finanche la mafia vegetariana. Una volta, un suo collaboratore cacasotto, gli pose un problema che sentiva sulla sua pelle: "Non potresti abbassare i toni, io ho un po' di paura". E lui così rispose: "Cretino,cretino! Ma non capisci che a tenerli tutti lontani questi terroni di merda alla fine ci guadagniamo... che siano onesti o disonesti, buoni o cattivi, non li facciamo passare e ci pappiamo tutto noi! E poi ricordati che con la nostra mafia alpina prendiamo tutti con la vasellina!".
Tutto questo alle potenti ombre delle montagne non interessava. Le stelle stavano a guardare. Sapevano le ombre che tutto sarebbe stato rimandato alle dimensioni opposte e parallele. Finché, un giorno, il connubio criminale commette un vero errore. La questione ora non è più l'umanità, la sua bassezza o le debolezze di chi, perdente, cade, ma se vincente meglio si presta a fare le stesse cose dei carnefici. La questione qui, ora, è il vero amore, tenero e incondizionato, l'amore di un bambino, l'amore del suo cavallo bianco.
Andrei è un ragazzo triste e solo, con poco amore, quello di sua madre a cui è attaccato dalla solitudine. Per suo padre la madre è una donna troppo cattolica, troppo onesta, troppo buona. Andrei è un ragazzo smarrito che rinasce grazie a Metit, la sua cavalla bianca. La famiglia vive tra le campagne e le montagne in una bella ma modesta casa che guarda a destra alle pale di San Martino e a sinistra sviluppa la vista dei campi e dei boschi lanciati fino al paese. Quando il padre contadino muore lascia alla famiglia la casa, qualche soldo e due pistole Luger, usate dai tedeschi nella seconda guerra mondiale. E poi Metit a cui aveva chiesto di donarsi per il figlio che il padre sapeva incapace di parlare agli uomini e ancora troppo piccolo per cercare una risposta a questo perché, poiché il suo spazio era ancora troppo stretto. L'uomo, una sola volta, prima di morire, guardò Andrei e Metit, insieme, nel campo. E capì di avere fatto con quel regalo l'azione più bella della sua vita. Andrei non aveva bisogno di parole per amare. E a Metit bastava sentire il corpo del suo ragazzo per sapere di essere amata. Il bosco tratteneva i venti e poi li rimandava a quel contatto. Pelle e pelle, amore e amore, senza parole.
È notte in tutte le montagne. L'energia si accende. Si conosce l'azione. Mai preventiva ma successiva delle ombre, successiva sempre. E l'energia si prepara e scrivono le ombre. È tutto già scritto nella quinta, sesta e settima pagina del racconto rinvenuto dalla polizia a Trento. È la prova di quello che è già successo, di ciò che succede e di quello che succederà. A Roma il criminologo sfoglia le pagine e poi le rimette insieme. La prima, la seconda, la terza, la quarta. Decide di ricominciare la lettura ma dal foglio cinque. E legge, tutto legge: "Ecco, questo è successo, succede, succederà, per la mamma orso e per il suo cucciolo, per il bambino e il cavallo bianco, per il cadavere del fiume, per il fuoco dell'inferno".
Un uomo scende con la sua macchina da Passo Rolle. Il sole si allontana e le rocce, le montagne ora appaiono ostili e minacciose. Dall'alto una straordinaria coperta di nubi trasforma gli scenari, copre, chiude la valle. Non più sassi ma acque, un grande oceano di sterminati flussi. E poi, lasciati i flussi, l'uomo ora in valle con l'oceano sopra la testa. Alberi, alberi. La strada, la curva. Un orso, un cucciolo di orso, un cavallo bianco. Fermi, con l'attesa, perché vogliono essere guardati. La nebbia, un albero, strade e curve. E l'uomo in macchina si chiede: "Dove sono andati?". Un'ombra schiaccia gli sterminati flussi. Si dileguano le nubi. La luce intensa della luna trafigge il posto, quel posto. Nel punto esatto dove gli animali sostavano per essere guardati.
Il Corpo Provinciale della forestale di Bolzano aveva eseguito il suo protocollo con la perfezione tedesca e consegnato le successive indagini alla polizia. I cacciatori carbonizzati erano stati identificati. Uno era molto conosciuto in Val D'Ultimo per la sua assenza di umanità verso gli uomini e gli animali che erano naturalmente più esposti e meno protetti. Solo i fucili erano stati risparmiati dal fuoco, strana circostanza che investiva di confusione anche le autorità altoatesine. Le armi si trovavano per terra, nel campo, lontane dalla jeep ed erano posizionate come a formare una figura geometrica con una punta rivolta verso il nord. L'esame balistico aveva stabilito che tutti e tre i fucili avevano sparato all'incirca otto ore prima.
La polizia perquisisce il maso del cacciatore disumano dove gradiva portare le sue prede per farsi fotografare con loro e poi procedere ad un costante e certosino lavoro di imbalsamazione delle carcasse. Tutti infatti si aspettavano di trovare all'interno del maso un numero sproporzionato di vittime. E invece, tra lo stupore, la polizia non trova niente. Nemmeno tracce, peli di orso, artigli, niente di niente. Il maso appariva ora come l'abitazione di un francescano.
Il criminologo di Roma riceve informazioni continue dalle autorità che suonano come una ricerca disperata di aiuto. E comincia a credere che la scienza non può spiegare tutto e si trova a disagio per questo. Vorrebbe ancora ancorarsi alla sua razionalità ma diventa difficile, difficile man mano che legge tutti i rapporti di polizia che gli arrivano dal Trentino Alto Adige.
Un uomo che dice di aver visto un orso, un cucciolo di orso e un cavallo bianco sulla strada per Passo Rolle. Il maso di un carnefice cacciatore in Val D'ultimo senza più nessuna traccia di animali imbalsamati e un bambino di San Martino di Castrozza che piange disperato la scomparsa di Metit, la sua cavalla bianca. E una vicenda insolita che mette in allarme tutto il soccorso alpino delle Dolomiti.
Tra le Pale di San Martino esiste una stazione di rilevamento unica al mondo che registra le temperature più basse tra quelle montagne. Da diversi mesi, ma solo di tanto in tanto, la stazione rileva picchi altissimi di calore che si estinguono nell'arco di pochi minuti con la temperatura che torna ad abbassarsi ai livelli precedenti. I ricercatori, stupiti e preoccupati, cominciano a piazzare centraline di rilevamento un po' da tutte le parti ma solo nelle zone dove le temperature si abbassano a livelli incredibili con picchi di meno 20, meno 30, e questa assurda impennata di calore viene registrata. Appare come un fuoco che si accende potentissimo e si spegne. Da meno 30 si passa a 20, anche 30 gradi e in pochi istanti tutto ritorna come prima.